ALLO STRADELLO SI BALLA CON I LUPI
Nei Laboratori Integrati della cooperativa sociale Lo Stradello è stato avviato un progetto di pet terapy che richiederà lunghi tempi di verifica, ma su cui la cooperativa ripone molte aspettative.
“Pet terapy – spiega Maurizio Fajeti, operatore nei Laboratori Integrati – significa avvalersi degli animali per favorire il raggiungimento di un maggior benessere nelle persone in disagio psicofisico. Pet Terapy, termine anglosassone, è una definizione austera e se vogliamo un po’ fredda per spiegare il significato più profondo di queste due parole. La vicinanza ad un animale è di per sé una cura; perché l’interazione richiesta è ovviamente non verbale e quindi più sincera, non mistificabile con la parola, perché da sempre l’uomo ha cercato il contatto con gli altri animali, e non solo per procacciarsi il cibo, ma anche per ritrovare in un altro essere vivente quella parte primigenia, e forse più vera di sé, andata perduta con il lungo e tortuoso percorso di civilizzazione. E, aggiungerei, probabilmente anche per il contatto caldo che ti permette chi non ti chiederà mai niente al di là di quello che puoi dare in quel momento. Sulla scia di queste riflessioni, ai Laboratori Integrati abbiamo avviato un progetto che richiederà lunghi tempi di verifica, ma su cui riponiamo molte aspettative. Non abbiamo volutamente iniziato con la canonica pet terapy condotta da personale esperto proprio per poter registrare, in un lasso di tempo medio lungo, le reazioni dei ragazzi alla presenza di un animale in mezzo a loro. In questo caso specifico un tranquillo e pacioso cane di nome Roy. Durante le prime settimane di sperimentazione, Roy ha condiviso gli spazi di un laboratorio di ergoterapia insieme ad un gruppo di persone disabili, e poco a poco abbiamo visto i nostri ragazzi mettere da parte timori e riserve per far posto a quegli aspetti che gli animali possono stimolare nell’uomo; il gioco, la voglia di contatto, la fiducia, il senso di empatia. Inoltre, prendersi l’incarico di portare a spasso Roy, dargli da bere e spazzolarlo, ha permesso a questi ragazzi di sperimentare cosa vuol dire prendersi cura dell’altro senza essere loro, per una volta, quel altro. Per essere sincero devo dire che non tutto è filato liscio in queste settimane, ci sono stati aspetti da organizzare e altri ancora ce ne saranno, sono emerse resistenze e preoccupazioni da parte di alcuni operatori, ma anche quelle vanno ascoltate e se possibile superate insieme. Lavorare con gli animali è una esperienza così nuova che si fa fatica a riconoscerne il valore e l’efficacia, anche se basterebbe guardare il sorriso di uno dei nostri ragazzi mentre abbraccia Roy, il suo nuovo amico peloso, per capirlo. Siamo solo all’inizio – conclude Fajeti – ma sappiamo che saranno Roy e i ragazzi a indicarci la strada migliore da seguire, come sempre, del resto”.