Legacoop Emilia Romagna: la conferenza regionale sul lavoro in cooperativa. L’intervento di Generazioni
Si è svolta il 16 ottobre scorso a Bologna la Conferenza su “Il lavoro in cooperativa”, che ha visto una importante partecipazione di cooperatori di tutta la regione. “La cooperazione fino a oggi è riuscita nel suo intento di tutelare l’occupazione e il lavoro: eravamo in 156.000 prima della crisi e siamo in 156.000 adesso. Ma dobbiamo stare attenti e guardare meglio quanto sta capitando nei diversi comparti e nelle imprese perché, se continua così, non solo non riusciremo a mantenere l’attuale numero dei lavoratori, ma saremo anche esposti a un rischio reale di declino industriale“: così ha aperto la Conferenza Paolo Cattabiani, presidente di Legacoop Emilia-Romagna. Dimensione d’impresa e riposizionamento imprenditoriale sono alcune delle principali azioni che le cooperative possono mettere in campo; ma servono azioni esterne, da parte del sistema bancario, dalla pubblica amministrazione, che ha il dovere di onorare i suoi debiti, dal Governo che, ha insistito Cattabiani, “deve attivare politiche di rilancio industriale che invertano la rotta, prima che in alcuni settori si blocchi definitivamente il giro della catena finanziaria formata da sistema pubblico, banche, imprese, subappaltatori, fornitori, utenti finali lungo la quale nessuno riesce più a pagare nessuno”. Se questo è il quadro, serve da parte di tutti, istituzioni e parti sociali, un rinnovato senso di responsabilità, spirito collaborativo e propensione al nuovo. Un appello rivolto particolarmente ai sindacati. “Perché – ha proposto Cattabiani – non provare a realizzare, in tempi anche strigenti, un accordo interconfederale tra l’Alleanza delle Cooperative Italiane e Cgil, Cisl e Uil modello 28 giugno 2011 tra sindacati e Confindustria? E perché non collaborare nella creazione di nuove cooperative, sia dove ci si trova di fronte ad aziende che rischiano di chiudere per sempre, sia sostenendo la nascita di lavoro associato tra i giovani laureati nel settore del terziario avanzato dove non tutto è stato ancora fatto?”. Una discussione che per Legacoop Emilia-Romagna dovrebbe venire condotta liberamente, al di là delle contingenze contrattuali, per disegnare assieme una ipotesi di futuro che salvaguardi e valorizzi il lavoro e rafforzi la cooperazione, ad esempio individuando l’orario e l’organizzazione del lavoro come terreni sperimentali di scambio per mantenere quote di flessibilità da parte dell’impresa e abbassando le quote di precariato del lavoratore.
Un paragrafo della sua relazione, Cattabiani l’ha dedicato anche alla vicenda Unipol-Fonsai: “Quando si parla, con un po’ troppa disinvoltura e superficialità, delle grandi cooperative che sostengono finanziariamente l’operazione Unipol-Fonsai, quasi fosse un disvalore salvare occupazione e rafforzare su Bologna la presenza di un grande polo assicurativo nazionale, si deve sapere che quelle stesse grandi cooperative so-no in prima fila negli interventi di soccorso e di solidarietà verso le cooperative in difficoltà e per garantire l’occupazione e il prestito dei soci”.
L’intervento di Generazioni. Al Convegno di Legacoop Emilia Romagna, che è stato il risultato di una approfondita elaborazione da parte di vari gruppi di lavoro, a cui hanno partecipato rappresentanti di cooperative e di strutture associative, è intervenuta anche Chiara Bertelli a nome di Generazioni, il coordinamento dei giovani cooperatori emiliano-romagnoli di Legacoop.
“Occupiamoci di noi è il motto che Generazioni ha adottato all’Assemblea del 2010, in previsione del Congresso di Legacoop del 2011. Quel motto – ha spiegato Chiara Bertelli – riassumeva tutta la nostra volontà di impegnarci per migliorare le condizioni di lavoro dei giovani nelle cooperative. Abbiamo affrontato il tema della partecipazione, della formazione, del ricambio, della previdenza complementare, elaborando idee e proposte concrete. Non ultima quella che trovate in cartella, che continua a chiamarsi. Occupiamoci di noi. Nell’ultimo anno, infatti, uno dei gruppi di lavoro di Generazioni ha approfondito, con l’aiuto delle cooperative e di alcuni esperti, il tema del welfare aziendale. Ci siamo sentiti rispondere da più parti che per le politiche aziendali di sostegno ai lavoratori non c’è spazio in questo momento, perchè le cooperative sono concentrate nello sforzo di resistere alla crisi. Ed è vero. C’è la crisi e sta mordendo forte. Non ci siamo arresi, anzi, ci siamo accorti che esistono delle pratiche di welfare aziendale poco costose e che non solo contribuiscono al benessere del lavoratore, ma cementificano anche i rapporti tra le cooperative, indu-cendole a collaborare. Ne è uscito una sorta di manuale di sopravvivenza del lavoratore cooperativo, utile secondo noi in una società sempre più precaria e senza sostegni.
Occupiamoci è anche un monito. Perchè senza lavoro per i giovani non c’è futuro; abbiamo sostenuto con forza la promozione cooperativa come mezzo per favorire l’autoimprenditorialità, contribuendo alla predisposizione degli strumenti operativi (speriamo che non si tardi a trovare quelli finanziari); abbiamo rivolto richieste precise all’Associazione e alle cooperative, in merito all’adozione di politiche di risparmio e riorganizzazione volte, tra l’altro, a favorire l’ingresso dei giovani in cooperativa.
Oggi, a distanza di 2 anni esatti, se dovessimo ripensare al nostro motto, forse aggiungeremmo una preposizione. Preoccupiamoci mi pare possa essere una parola più adatta al contesto in cui ci troviamo. E forse non ci sarebbe bisogno dell’imperativo. Basterebbe un aggettivo. Perchè oggi preoccupati lo siamo davvero. Siamo preoccupati perchè i giovani sono la categoria più fragile, di fronte alla crisi.
Anche le cooperative, che pure hanno mantenuto l’occupazione, più delle altre imprese, faticano a creare occasioni di lavoro e chi ne fa le spese sono i giovani che vanno a rinfoltire le schiere dei disoccupati, avendo davanti a sè una prospettiva grigia e scoraggiante. Giovani che non avranno le possibilità di investire, come hanno fatto quelli prima di noi, in una casa, in una famiglia, in una carriera di studi alti, in esperienze all’estero, generando una spirale perversa, che si autoalimenta. Eppure proprio i “giovani”, coloro che hanno dai 30 ai 44 anni, costituiscono la metà della forza lavoro italiana. Cittadini mediamente più istruiti della generazione dei loro genitori (e della classe dirigente che li rappresenta), con competenze ed esperienze spesso cresciute all’ombra di carriere precarie e poco remunerate.
Siamo preoccupati perchè la classe dirigente che sta affrontando questo momento critico, in Italia, è formata da persone che di fasi di crescita e di recessione ne hanno viste tante. Tra queste ci sono anche persone che le difficoltà le hanno superate, o che hanno portato le nostre cooperative ad essere eccellenze a livello nazionale e non solo. Ma l’hanno fatto avendo di fronte una certa prospettiva di vita e di lavoro.
Nelle ultime pagine del “Giardino dei Finzi Contini”, Bassani fa pronunciare questo discorso al padre del protagonista: “Nella vita, se uno vuol capire, capire sul serio come stanno le cose di questo mondo, deve morire almeno una volta. E allora, dato che la legge è questa, meglio morire da giovani, quando uno ha ancora tanto tempo davanti a se’, per tirarsi su e resuscitare….. Capire da vecchi è brutto, molto più brutto. Come si fa? Non c’è più tempo per ricominciare da zero…”.
Siamo preoccupati che per noi significa essere impegnati ogni giorno per creare le condizioni affinchè le cooperative, quelle nuove e quelle esistenti, possano contare su classi dirigenti preparate, capaci di trovare soluzioni innovative alle sfide sempre più complesse che il mercato ci pone. Perché, nella ricerca di risposte nuove, si possa fare tesoro della collaborazione tra le generazioni, tra chi la storia l’ha vissuta e chi ha gli strumenti per continuare a scriverla.
Per tirarsi su e resuscitare”.