Unieco: il budget 2013 e il piano poliennale presentati all’assemblea dei soci
L’assemblea dei soci di Unieco celebratasi a Reggio Emilia il 2 marzo scorso ha esaminato – esaurendo così gli argomenti all’ordine del giorno – il Budget relativo all’esercizio 2013 ed il Piano Poliennale 2013/2016, presentati entrambi dal Presidente Mauro Casoli.
Al termine dei lavori assembleari i soci di Unieco hanno ribadito la loro volontà di procedere ad un riassetto organizzativo della struttura operativa del gruppo (attivo da oltre 110 anni), coerente con il mutato contesto di mercato.
Secondo il contenuto del Piano Poliennale presentato e condiviso dai soci, nei prossimi quattro anni (ovvero nell’orizzonte temporale del Piano) il gruppo Unieco si concentrerà sulle attività legate ai lavori ferroviari (il CLF e le sue controllate da sole fatturano oltre 100 milioni di euro e vantano un portafoglio lavori commesse che supera i 400 milioni, per oltre la metà all’estero); privilegerà lo sviluppo del settore ambientale (Unieco da oltre 30 anni opera nelle attività industriali legate all’ambiente con progetti e realizzazioni sia in Italia che all’estero dove sono possibili ulteriori espansioni); focalizzerà le sue attività nel settore delle costruzioni su progetti legati a grandi infrastrutture (il portafoglio lavori producibile prevalentemente nei prossimi due anni è di oltre 1 miliardo) e su concessioni autostradali; e infine, concentrerà le sue attività, quanto al settore laterizi, sulle produzioni che hanno concrete opportunità di sviluppo (ovvero le fornaci di Fosdondo e Gral, i prefabbricati Ape e il cemento cellulare Airbeton).
Secondo gli indici che emergono dal Piano Poliennale 2013/2016 presentato ai soci, alla fine dell’arco temporale cui esso si riferisce, Unieco, nel solco di quella attenzione all’innovazione che ha caratterizzato il Piano Poliennale 2009/2012, confermerà il suo posizionamento tra le grandi imprese italiane di costruzione, bilanciando, tuttavia, la sua attività caratteristica, ancora naturalmente legata al mercato delle costruzioni e delle grandi opere infrastrutturali, con attività industriali, destinate ad utenze nazionali e straniere, connesse ai settori dell’ambiente e dei lavori ferroviari.
Secondo il contenuto del Piano e sulla base di ragionevoli e prudenti assunzioni (si ricorda peraltro che a sostegno del proprio sviluppo Unieco può mettere in campo una patrimonializzazione superiore ai 290 milioni di euro), alla fine del periodo considerato, fatturato e redditività saranno in crescita rispetto ai livelli pre-crisi e, anche in virtù della dismissione di assets non strategici ed immobiliari, il rapporto debiti/equity si attesterà, alla fine del 2016, intorno al 60% (valore quest’ultimo considerato ottimale dagli analisti finanziari).
Nella elaborazione del proprio Piano Poliennale Unieco è stata assistita passo a passo da primari organismi esterni indipendenti che hanno validato le scelte strategiche del management ed il valore reale degli assets industriali ed immobiliari della società e del gruppo.
Anche a giudizio dei soci, dunque, la strada tracciata con il Piano Poliennale 2013/2016 è quella giusta, benché allo stato debbano ancora essere chiariti taluni aspetti, esterni ad Unieco, capaci di influenzare in modo più o meno virtuoso i termini temporali per il conseguimento degli obiettivi che la società si è data.
Il Piano – che senza dubbio rappresenta un fondamentale strumento di programmazione dell’attività futura di Unieco – richiede infatti per la sua completa realizzazione, la condivisione e il sostegno in tempi rapidi del ceto bancario, il cui ruolo appare decisivo, soprattutto nell’esercizio in corso, per assicurare quei flussi di liquidità di cui Unieco necessita (per completare gli investimenti avviati e per consentire il mantenimento di corretti rapporti con i propri fornitori) e rispetto ai quali i fondamentali economici e patrimoniali della società e del suo gruppo costituiscono una sicura ed affidabile garanzia.
A questo fine Unieco ha avviato con il ceto bancario un confronto serrato ormai da qualche mese, sui cui esiti ancora pendono incognite, anche dipendenti dalla attuale particolare congiuntura economica, che ove non fugate in breve termine potrebbero dimostrarsi capaci di indebolire la sostenibilità del Piano nella sua dinamica temporale.